Remo Salvadori, lo spazio e l’arte. Viaggio nelle “stanze“ del pensiero

16 lug 2025

Prima mostra dedicata all’artista toscano innamorato di Milano: suo il dono di “Alveare“ al Museo del ’900
Un racconto per capitoli, una mostra diffusa che abita Palazzo Reale e poi anche il Museo del Novecento e la chiesa di San Gottardo in Corte (da venerdì). Ma certamente attraversando le magnifiche sale di Palazzo Reale che ospitano la prima grande esposizione dedicata a Remo Salvadori (sino al 14 settembre, ingresso gratuito) è come se ci si trovasse ad attraversare le “stanze“ che abitano il pensiero dell’artista, suggerisce Antonella Soldaino curatrice insieme ad Elena Tettamanti. Per i visitatori è un viaggio nella luce e nello spazio; oltre a godere dello splendido affaccio su piazza Duomo si può stabilire un contatto più profondo con la poetica di Salvadori e guardare con occhio nuovo, aperto, alle opere. Non è un itinerario cronologico ma costruito attorno ai temi a lui cari. Ad introdurre al mondo di Remo Salvadori è l’installazione Continuo infinito Presente 1985 (2007), che occupa il centro della Sala dei Ministri e si presenta come un cerchio composto da una serie di cavi d’acciaio intrecciati. Nella Sala del Trono è presente No’ si volta chi a stella è fisso, 2004 (2025), un’opera che ricopre un significato particolare. Già presentata durante l’anteprima della mostra diffusa dell’artista nella Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale, l’opera, fatta di metallo lucido, assume un diverso aspetto a seconda dello spazio in cui è esposta, incarnando in questo modo i concetti di mutevolezza e adattabilità che sono propri del linguaggio dell’artista. Salvadori "appartenente alla generazione successiva a quella dell’Arte concettuale e dell’arte Povera ne propone una rinnovata formulazione" fa notare Tettamanti. Ad un pubblico largo risulterà poco familiare, "ma era la nostra sfida", dicono le curatrici. L’intero progetto riunisce un corpus di oltre 50 opere realizzate dall’artista tra il 1969 e oggi. "Sono sempre gli altri che si accorgono delle cose, io sono dentro il mio lavoro... mi fa enorme piacere ammirare le mie opere in un luogo cosi bello", dice serafico Remo Salvadori aggirandosi fra le sue “creature“. Che ama tutte indistintamente, come Milano, città d’adozione che da toscano trova "fantastica" anche perchè racconta, "sono nato a tre chilometri da Vinci e sentivo la mia strada come tracciata, ho seguito Leonardo". Quindi va inteso così, come segno di riconoscenza verso la città, il dono dell’opera Alveare, che entrerà a far parte delle collezioni civiche, "un dono generoso alla città per il quale ringrazio l’artista" ha rimarcato l’assessore alla Cultura Tommaso Sacchi. Infine, la Stanza delle tazze, 1986, risultato della ricerca di Salvadori sulla dimensione concettuale del cerchio, come forma capace di suscitare degli interrogativi, si ritrova poi ancora rielaborata a fine del percorso della mostra.
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Il Giorno